mercoledì 11 giugno 2014

DO YOU SPEAK ENGLISH? NO GRAZIE E TU?


Negli ultimi anni il settore del turismo sta vivendo una forte crisi, ma non si parla solo di crisi economica ma di una crisi peggiore e molto più preoccupante, cioè la difficoltà nel reperire personale serio e professionale.
La carenza di professionalità dovuta anche alla poca conoscenza della lingua inglese è uno dei fattori piu’ preoccupanti negli alberghi, e logicamente in Italia vogliono espellere gli insegnanti Madrelingua dalle scuole
Questi docenti non solo insegnano un inglese perfetto ma hanno competenze indiscusse come: la comunicazione nel mondo multietnico, il body language, l’importanza dello scambio interculturale, Role Play e potrei fare tanti altri esempi.
Gli studenti durante il normale percorso educativo e formativo non possono fare a meno di questi professionisti per mettere in evidenza le loro capacità, soprattutto per quanto concerne le cosiddette “abilità trasversali e linguistiche.
Sviluppare un buon sistema di riconoscimento in aggiunta alla valutazione delle competenze e delle capacità personali è un passo significativo per l’inserimento nel mondo del lavoro

Siamo ancora convinti che i docenti madrelingua non sono importanti?
Allora cerchiamo di approfondire il problema da un punto di vista statistico.

Quanti sono gli italiani che studiano l’inglese?
Pochi, soprattutto se paragonati a quanti lo studiano in altri Paesi. Secondo un’indagine del Censis, i corsi linguistici in generale in Italia interessano circa 275 mila persone.
L’EF, azienda che si occupa di studio delle lingue straniere, ha invece stilato una classifica sulla conoscenza dell’inglese in vari Paesi sulla base di un indice legato ai test «Proficiency».
Al primo posto c’è la Norvegia, con un punteggio di 69,09 classificato come «alto livello di competenza». L’Italia si trova a metà classifica, esattamente al 23° posto, con un punteggio di 49,05 che viene definito «basso livello di competenza».
Al nostro livello Paesi come Taiwan, Cina, Brasile, Spagna. Peggio di noi solo un gruppo di Paesi come Perù, Venezuela, Turchia, Kazakhstan, Colombia, Panama, Vietnam.
La Spagna e l’Italia hanno il punteggio più basso di conoscenza dell’inglese tra gli adulti in Europa anche se si inizia a studiarlo molto presto a scuola.

E gli italiani come giudicano la loro conoscenza?
Secondo il Censis il 66,2% degli italiani sostiene di conoscere le lingue, una percentuale piuttosto elevata. Se però questa lingua devono anche utilizzarla, le cifre calano vistosamente: la metà degli intervistati ritiene la propria preparazione soltanto scolastica, soltanto il 23,9% ritiene buono il proprio livello e appena il 7,1 lo giudica molto buono.
Gli italiani che conoscono le lingue sono un po’ meno della media nazionale al Sud e nelle isole, cioè il 63%. Il Nord-Est è l’area con la percentuale media maggiore: il 69,3%, cioè quasi sette italiani su 10, sostengono di conoscere le lingue. Valori piuttosto alti anche nel Nord-Ovest (67,5%).

Gli stranieri, invece, che cosa pensano dell’inglese parlato dagli italiani?
Dalle risposte a un questionario degli studenti Erasmus in Italia, emerge un giudizio impietoso sull’utilizzo della lingua inglese in Italia.
Appena l’1,4% lo ritiene indispensabile, contro il 46,6% che lo ritiene assolutamente inutile e il 53% che lo ritiene utile, ma non fondamentale.

Dove imparano le lingue gli italiani?
L’indagine ha censito più di mille strutture: oltre alle scuole di lingua private (21,3%), emerge il ruolo del sistema di formazione professionale (44,9%) che propone, insieme a moduli all’interno di altri percorsi formativi, anche veri e propri corsi di lingua, e del sistema di istruzione, soprattutto dei centri territoriali permanenti per la formazione degli adulti (10,5%).
Cresce il ruolo del terzo settore e delle infrastrutture culturali, che complessivamente sono il 15,3% dei soggetti che realizzano formazione linguistica. Circa il 50% delle strutture propone corsi di lingua, il 22% realizza solo moduli linguistici e il restante 28% attiva sia moduli che corsi. In relazione ai soli corsi di lingue, il 72% delle strutture ha proposto corsi collettivi, il 27,7% a singoli individui e il 26,5% a personale aziendale e della Pubblica Amministrazione.

La Cina continua a provarci
Wang Xinlu, presidente dell'Università di medicina tradizionale dello Shandong e membro del comitato permanente dell'Assemblea politico-consultiva cinese, è un tipo testardo. Quando, a inizio marzo, ha lanciato la sua proposta di conferire alla lingua inglese uno status meno importante in Cina, era già il terzo anno che ci provava. Con scarsi risultati.

Concludendo
Il vero passaporto, oggi, sono le lingue straniere, se si vuole appartenere a un mondo plurale e multilingue. Ma chi lo insegna ai nostri ragazzi?
Le legge è chiara: l’insegnante deve avere un’apposita formazione che include la conoscenza dell’inglese e la competenza didattica per i soggetti in fase evolutiva.
Sappiamo bene che un conto è insegnare ad un adulto, un conto ai bambini / ragazzi con metodi sempre piu’ accattivanti e moderni. Basta con “the book is on the table”
Non possiamo piu’ accettare insegnanti con un attestato di lingua straniera regolarmente concesso dopo un corso biennale di 280 ore

Buon Lavoro
Alberto Lavorgna

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