martedì 29 ottobre 2013

Per molti aprire un 'azienda è un hobbie, per altri impossibile.

Ci troviamo continuamente di fronte a imprenditori inventati,  si alzano il mattino e decidono di aprire una partita IVA al figlio, nipote o chi per esso.  
Ma avete pianificato tutto? Che segmento di clientela voglio colpire?  Uno studio di fattibilità ?
Oggi e' fattibile qualsiasi cosa per chi ha soldi da buttare via, non pensando a chi invece usa la propria partita IVA per vivere.
Se il proverbio non è cambiato "l'Unione fa la forza", ma allora perche' aprire mille aziende simili e non farne una fatta bene dove l'utile logicamente è garantito?
La maggior parte degli imprenditori non si rende conto è che uno startup richiede molto tempo prima che sia redditizia, ovvero circa 2 - 3 anni. Ma come fare a raggiungere enormi profitti nel modo più semplice possibile?
Per iniziare si deve chiaramente investire in un nuovo prodotto o servizio, meglio se innovativo o originale. Chi andrà a gestire questo prodotto dovrebbe necessariamente diventare un esperto, conseguendo i giusti esami di certificazione, conoscendo i potenziali fornitori e partner, potenziali clienti etc etc
Diventare un esperto richiede denaro: sono numerosi i costi supplementari che il dirigente sarà costretto ad affrontare in questo caso, inoltre c'è da valutare la quantità di tempo che si andrà a perdere per migliorare la propria formazione. Si devono valutare anche i costi dei materiali di marketing, gli elenchi da acquisire, le campagne via email, web e carta, e la ricerca di nuovi contatti.
È inoltre necessario sviluppare una forte personalità, diventare un personaggio chiave e farsi conoscere. Tutto ciò accadrà lentamente e per rendere la startup redditizia è facilmente comprensibile

Tre anni è dunque il tempo minimo per arrivare a un livello di redditività discreta. 
Chi pensa di lanciare un nuovo prodotto e ottenere profitti in qualsiasi momento dovrà pertanto rivalutare le proprie ipotesi e tempistiche di traguardo.

Detto ciò, se è giusto quello soprascritto un disoccupato non potrà mai permettersi di aprire un azienda nonostante abbia le competenze,  come evidenziano nel quotidiano i nostri politici. Con quali fonti economici dovrà vivere una persona nel frattempo per 3 anni?  Spaccio? Furto?

Vorrei anche evidenziare che il disoccupato è colui che non ha lavoro e quindi non ha soldi. Carissimo governo è bello il vostro modo di sponsorizzare stronzate come " I giovani possono aprire una partita IVA con 1 euro", ma per mettere in moto tutto il meccanismo ci vuole il notaio, il commercialista, il consulente del lavoro, il Duvri, Rspp, il marketing, una sede legale o domiciliazione, e vorrei fermarmi qui. Queste spese chi le paga ?







2 commenti:

  1. Partendo dal presupposto che ho ancora molto da imparare e molta voglia di farlo, soprattutto nel settore turistico, penso che il problema fondamentale non sia il fatto che molte persone aprono la Partita Iva e diventino imprenditori senza sapere ne come e ne quando, ma:
    - La facilità con cui lo Stato da modo di aprire una P.I. senza fare troppi controlli sul territorio e informasi se serve o meno l'azienda che sta per andare ad aprire Tizio;
    - Il menefreghismo che c'è alla base dell'italiano medio.

    Siamo arrivati ad un punto dove il turista medio sceglie sempre di più la formula di soggiorno B&B, perché costa meno e perché così ha la libertà di fare quello che vuole senza dover dare conto a nessuno, visto che passa la maggior parte del tempo fuori in giro o per lavoro. E' normale quindi che se Tizio si ritrova ad avere qualche stanza in più cerca di ottenere qualche ingresso economico in più e quello che ne risente maggiormente è l'HOTEL (reale).
    In fin dei conti siamo un popolo che non ama le novità e di conseguenza perché spremersi le meningi per creare un qualcosa di nuovo se il vecchio e assicurato affittacamere porta introiti? Sono 20 anni che andiamo dietro ad una persona che ha rovinato l'Italia e non riusciamo ad uscirne, quando abbiamo avuto l'opportunità di avere la Novità ma l'abbiamo mandato a quel paese. Quindi non mi meraviglio quando si dice che il settore turistico è quello che ne risente maggiormente di questa crisi.
    Il menefreghismo italiano fa parte di noi, e finché non iniziamo a pensare al bene comune, non credo ci siamo modo di uscirne. Lo ha detto anche Lei tempo fa che la gente non vuole investire per delle consulenze che portano novità all'azienda, ma preferisce restare sui propri passi, pur sapendo a cosa va incontro.
    Graziano Pontarelli.

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